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La mia prima moto

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Messaggio  Steel Gio Feb 11, 2010 12:46 am

Non avevo ancora 14 anni. Me la regalò mio padre nel 1972 come regalo per la licenza media (non immaginava che era la prima di una fin troppa lunga serie: quando infatti si accorse che la sua stessa passione mi era stata trasferita ereditariamente nel DNA ormai era troppo tardi).

La mia prima moto Dingo10

La mia era verde, bellissima con tutte quelle cromature luccicanti. Allora la scuola meccanica italiana voleva il cambio a destra con la prima in alto.

Il Dingo della Moto Guzzi è stato un longevo ciclomotore il cui progetto si deve ad Antonio Micucci, uno tra i migliori tecnici che hanno lavorato in Guzzi. E' stato prodotto per più di 12 anni in versione ciclomotore e piccola moto da turismo, sportiva e fuoristrada per oltre 160mila esemplari. Quest'ultima versione, presentata al Salone di Milano del 1965, proprio quando si afferma tra i ragazzi il desiderio della moto off-road, è passata per tre successive serie sensibilmente differenti tra di loro.

Nel '67 debutta la seconda versione, prodotta fino al '69, che subisce un collaudo particolarmente duro essendo scelta da Roberto Patrignani per il suo raid Sud-Nord attraverso l'Africa. Infine, nel '70, ecco la terza serie, la mia, costruita fino al '73. Visto oggi il Dingo Cross appare in tutta la sua semplicità ed economicità, ma la forza commerciale della Guzzi lo impose sul mercato.
Lo conferma il successo di vendita (quasi 120 mila esemplari dal 1970 al 1973) e si trovano tuttora molti estimatori e simpatizzanti. Il difetto, se vogliamo, è che dà troppo l'impressione del ciclomotore, fatto più psicologico che altro, e poi quel portapacchi su una moto da fuoristrada... I colori disponibili per la carrozzeria ed i foderi della forcella sono il giallo e il rosso a cui si aggiunge in un secondo tempo il verde pisello. Il serbatoio denota una ricerca stilistica con alcuni tratti comuni all'ultima versione dello Stornello da strada, mentre la sella continua il profilo senza stacchi.
Il reparto sospensioni è forse appena sufficiente, con la forcella mecanica da 28 mm dotata di piastre in lamiera e 2 "finti" ammortizzatori Sebac, che sono gli stessi del Dingo Super Sport e del GT. I cerchi montano pneumatici artigliati Ceat o Pirelli da 2,5017 davanti e dietro. I freni a tamburo sono in lamiera stampata, ulteriore segno di economicità. Il telaio è a doppia culla rialzata e abbraccia il motore che è riparato inferiormente da una piastra parasassi il lamierino. La testa ed il cilindro, inclinati in avanti di 25°, sono in lega leggera, con l'alettatura non particolarmente estesa. L'alesaggio per corsa è di 38,5x42 mm, cilindrata 48,9 cc e compressione 8:1. Una particolarità è la cromatura a spessore della canna del cilindro, che conferisce notevole scorrevolezza e consente di usare miscela solo al 2% di olio. Il pistone ha testa piatta e 2 segmenti, la biella ruota su una gabbietta a rulli alla testa ma non al piede e l'albero motore è scomponibile e lavora su 2 cuscinetti a sfere. Il carter è asimmetrico, essendo la parte destra più grossa e profonda al fine di contenere gli alberi del cambio, mentre il pignone della trasmissione primaria, a dentatura elicoidale,ed il tamburo della frizione con la corona dentata sono all'esterno del carter sinistro. Il cambio, con la prima in alto, è a 4 marce e la frizione a dischi multipli a bagno d'olio. La quantità di lubrificante (consigliato Shell Spirax 90 EP) è di 350 cc, da sostituire ogni 9.000 km. L'impianto elettrico presenta il volano da 6V-18W, con i contatti a 0,40-0,45 mm, anticipo di 28° e la bobina che è stranamente dietro il cilindro, riparata dal tubo del telaio; in seguito, dal 1971, viene ragionevolmente posizionata sotto il serbatoio. Candela Bosch 225. La leva della messa in moto, a destra, si aziona premendola in avanti; il pignone della catena ha 14 denti. Il carburatore è il Dell'Orto UA 16 S, con diffusore da 16, polverizzatore 260, valvola del gas 55, spillo conico D15, getto massimo 70, minimo 45, vite aria aperta di 1/2 giro e filtro 26/5 a reticella metallica. La potenza, nonostante l'anzianità del progetto, era di circa 5 CV a 6.500 giri, mentre la velocità massima era di 75 km/h.
Il Dingo Cross era un mezzo con cui muovere i primi passi nel fuoristrada, agile e leggero (62,2 kg effettivi a vuoto, 28,6 ant e 33,6 post) con le sue forme contenute, ma che mostrava presto i suoi limiti se portato un po' oltre. Il cambio, rapportato come sul GT, era costituzionalmente debole e la chiavella si usurava anche trattandolo con delicatezza. D'altronde veniva sfruttato sempre al massimo per tenere il passo della concorrenza molto più agguerrita. Le vibrazioni provocavano l'allentamento di parti anche importanti come il cavalletto, ed incrinavano alcuni componenti (faro e parafanghi). Nonostante tutto seppe conquistarsi un buon numero di acquirenti, senz'altro più del suo sgraziato successore, il Cross 50 presentato nel 1973.
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